Le Domande

  1. Parlaci di te: dati anagrafici (nome, età, lavoro, parrocchia, etc.), ruolo associativo nel mandato che si sta chiudendo
  2. Tu e l'associazione: le motivazioni che ti hanno portato ad aderire la prima volta, le motivazioni che ti portano ad aderire oggi all'Azione Cattolica
  3. Tu ed il futuro dell'associazione: dove vedi impegnata l'AC nel prossimo triennio e perché (le priorità dell'AC dal tuo punto di vista)
  1. Marco Pio Bravo (Cordenons SMM)
  2. Tiziana Blarasin (Cordenons SMM)
  3. Mario Canzi (Cordenons S. Pietro)
  4. Marialuisa Cassin (Cristo Re)
  5. Filippo Fioretti (Bagnarola)
  6. Marta Conficoni (Sacro Cuore)
  7. Marino Marchesin (Spilimbergo)
  8. Federica Del Frè (San Vito)
  9. Pietro Plazzotta (Roveredo)
  10. Barbara Gaiotto (Cordenons SMM)

Pietro Plazzotta

  1. Pietro Plazzotta, 48 anni (29 agosto 1956), impiegato, parrocchia di San Bartolomeo - Roveredo in Piano. Consigliere Parrocchiale, Vice Presidente Adulti da 7 anni, sono stato negli anni 90 anche per 6 anni presidente parrocchiale.
  2. Le motivazioni sono sempre state le stesse: far parte di una associazione di Laici impegnati in parrocchia, con disponibilità al servizio, nel rispetto del proprio ruolo di Laico, ritenenendo l' Azione Cattolica, Associazione che ti da l'aiuto, gli strumenti ed il confronto per riuscire ad essere, attraverso la preghiera, la formazione e il servizio, un buon cristiano nel mondo che ci circonda.
  3. L'Ac nel prossimo triennio deve impegnarsi verso questi obiettivi:
    • riuscire a far interessare i propri iscritti verso il mondo socio politico: mi sembra che in questi anni al di fuori di alcuni momenti, sempre im portanti, non ci sia più questa sensibilità, soprattutto nelle nuove generazioni.
    • far riscoprire negli adulti giovani di oggi, il senso associativo e di appartenenza: abbiamo perso in questi anni il con tatto con queste generazioni, bisognerebbe studiare come ricostruire un ponte verso di loro.
    • come già più volte pensato e anche dichiarato, dobbiamo imparare a camminare nei nostri gruppi da soli: studiare un progetto per un "piano formativo per i formatori" che deve coinvolgere le parrocchie, la necessità quindi, deve essere scoperta dal livello basso, non può venire solo dall'alto, altrimenti poco combineremo.

Marino Marchesin

  1. Mi chiamo Marchesin Marino, ho 32 anni e sono un insegnante di religione. La mia parrocchia e quella di S.M.M. a Spilimbergo. Sono Vice Presidente SG Diocesano dal 1998 e la prima volta ho aderito nel 1982.
  2. In AC ho scoperto la mia vocazione di laico. Ho imparato ad incontrare Gesù: l'ho trovato... negli occhi di un bambino che mi faceva arrabbiare negli incontri il sabato; ... in una mano tesa che mi chiedeva aiuto lungo il sentiero; ... lungo la strada che mi porta a PN; ma soprattutto nel volto delle persone che in questi anni ho incrociato.
  3. Mi piacerebbe raggiungere il traguardo di divenire modelli di laicità come richiesto dal Papa, offrendo una scuola di formazione permanente al Laicato adulto e non solo. Essere modelli di una famiglia che sa stare nei luoghi dove l'uomo vive ed opera. Ciocco di legno che si lascia bruciare per scaldare le mura domestiche, mano sulla spalla che sa consigliare ed assistere il collega sul lavoro.

Mario Canzi

  1. Mi chiamo Canzi Mario sono nato a Milano il 05 ottobre 1958; sono sposato da 20 anni con Sonia e ho due figli Giulia di anni 15 e Alberto di anni 9; sono un agente di commercio; sono catechista e presidente parrocchiale a San Pietro apostolo a Cordenons.
  2. Ho aderito per la prima volta all' AC nei primi anni `80 e il motivo principale e stato quello del riconoscermi nei principi cardini cioè preghiera e azione oggi rinnovo l'adesione perchè essendo cresciuto ed avendo ricevuto molto dall' a.c. mi piace essere vero testimone dei suoi principi nella vita di tutti i giorni.
  3. Il mio futuro nell' AC e quello di fare ancora il presidente parrocchiale e mi piacerebbe vedere l' AC nel prossimo triennio impegnata soprattutto nel recuperare la presenza in tutte le parrocchie della nostra diocesi e nel continuare a lavorare sui percorsi di fede per tutti gli archi di età.

Tiziana Blarasin

  1. Mi chiamo Tiziana Blarasin, ho 34 anni; sono sposata con Angelo dal maggio 2004 e da allora abito a Pordenone. Mi ritengo però ancora di Cordenons dato che, al momento, non abbiamo ancora deciso dove andremo ad abitare "definitivamente". Sono ingegnere civile e svolgo questa professione presso uno studio di progettazione in Pordenone. Sono stata prima educatrice ACR poi animatrice ACG in parrocchia, adesso faccio parte del gruppo giovani-adulti interparrocchiale; nel triennio 1998-2001 sono stata vice presidente dei giovani con Marino Marchesin ed in questo quadriennio 2001-2005 ho accettato di ricoprire il ruolo di presidente diocesano dell'AC di Concordia-Pordenone.
  2. La mia esperienza associativa risale a quando ero giovanissima ed in parrocchia facevo parte del gruppo giovanissimi di AC; allora ritenevo naturale aderire, anche con la tessera, ad una proposta che mi piaceva e mi faceva crescere attraverso il confronto e l'esperienza concreta. Oggi continuo ad aderire perché la ritengo l'esperienza che per eccellenza mi ha fatto e mi fa conoscere un volto di Chiesa e di Cristo vero, fatto non solo di affermazioni ma di persone che si spendono per ciò in cui credono e contribuiscono a fare si che la fede in Dio, l'educazione all'amore per la vita possano crescere ed essere trasmesse grazie alle persone, attraverso la vita quotidiana.
  3. Credo che l'AC del prossimo triennio debba essere "esigente", con la dolcezza che contraddistingue chi è sostenuto dall'amore: per essere all'altezza di quanto ci chiede il Papa, la chiesa, il mondo, non possiamo permetterci di essere cristiani part-time, che si improvvisano, che si accontentano di esperienze mordi e fuggi; credo che, da una parte, sia importante che l'AC degli adulti sappia insegnare la bellezza e la fatica della fedeltà ai più giovani e dall'altra, che l'AC dei ragazzi e dei giovani sia spinta propulsiva per le novità e la voglia di sognare che li contraddistingue; l'AC diocesana dovrebbe continuare, quindi, a ricercare l'unitarietà e le strade per poter essere a servizio dei suoi associati, per poterli incontrare e sostenere in tutte le stagioni di vita che si trovano ad attraversare, scegliendo le modalità più giuste, sperimentandone di nuove senza la paura di abbandonare stereotipi e consuetudini facili.

Marta Conficoni

  1. Ciao! Mi chiamo Marta Conficoni, sono di Pordenone e ho 28 anni. Dal settembre 2002 sono sposata con Giampaolo e ora in attesa di un bebè che dovrebbe nascere a fine marzo. La mia parrocchia è il S. Cuore (Pn) dove, nel 1991, ho cominciato a muovere i primi passi come aderente di AC. Da allora ho fatto un po' di tutto (associativamente parlando) fino a diventare co-responsabile dell'equipe diocesana ACR, incarico che si concluderà con questo mandato. Al S. Cuore, dopo aver fatto per svariati anni l'educatrice, seguo la formazione del GEA.
  2. Le motivazioni che stanno alla base del mio aderire all'AC sono maturate e si sono consolidate nel corso degli anni grazie alle esperienze fatte, di fede e di servizio, ma anche alle persone che ho incontrato e con le quali ho condiviso fatiche e traguardi. Nelle finalità, nello stile e nel metodo che l'AC propone, ritrovo oggi più che mai "il modo privilegiato" attraverso il quale esprimere al meglio i talenti che il Signore mi ha donato, crescere nella formazione costante ed impegnarmi per un servizio sempre più consapevole e entusiasta.
  3. É difficile riassumere in poche righe le tante necessità alle quali l'AC dovrebbe far fronte nel prossimo triennio: formazione, unitarietà, interparrocchialità, ecc. Tante sono le priorità già individuate nelle quali investire risorse e promuovere iniziative ... tanti sono gli ambiti di intervento che emergeranno nel corso dei prossimi tre anni. Importante credo sia soprattutto, dopo un periodo così intenso di rinnovamento, non lasciar cadere nel vuoto gli stimoli e le prospettive che ci ha aperto il nuovo statuto, sfruttare al meglio risorse e strumenti senza però dimenticare ciò che da sempre ci contraddistingue come Azione Cattolica.

Barbara Gaiotto

  1. Sono Barbara Gaiotto, ho 35 anni, lavoro come infermiera professionale in rianimazione a Pordenone da 15 anni. Sono stata animatrice g.imi, giovani e co-responsabile gruppo adulti-giovani; ora consigliere diocesano uscente per gli adulti e ho appena concluso il secondo mandato come presidente parrocchiale di Santa Maria Maggiore Cordenons.
  2. Ho iniziato ad aderire all' AC come acierrina perché mi divertivo, mi trovavo bene in gruppo, giocavo, cantavo, pregavo, mi sentivo valorizzata. Lì pian piano ha preso consapevolezza la mia esperienza di fede, ho cominciato a collegare il senso di aderire ad una associazione con quello di appartenere alla Chiesa. Ora continuo a stare in Azione Cattolica perché molto ho ricevuto e molto voglio condividere, in essa ho acquisito uno stile di vita, lo stimolo per nutrire la mia fede - attraverso un percorso sia personale che di gruppo - per cercare di integrare la fede alla vita di tutti i giorni. Ho maturato il sentirmi corresponsabile come laica della vita della Chiesa, ora sto sperimentando la forza del condividerne le gioie, le fatiche, le domande, ...
  3. Penso che l'AC debba ritornare alle radici ­ le scelte fondanti, lo stile, il senso delle feste, degli appuntamenti unitari.. - e avere il coraggio della creatività, senza la presunzione di possedere le giuste soluzioni in tasca. La passione per l'AC e prima ancora per la Chiesa ci deve dare l'umiltà, la forza, la perseveranza di ritrovare il senso del nostro essere al servizio del fine apostolico della Chiesa.
    Alcune priorità:
    1. puntare sulla formazione che aiuti ad integrare la fede alla vita
      • percorsi di gruppo significativi;
      • "cercare" e formare gli animatori;
      • la Parola al centro ma insieme ad essa imparare ad ascoltare la vita delle persone ( gioie, sofferenze, le difficoltà, le nuove condizioni di vita: separazioni, divorzi, single... ) perché la Parola non passi sopra le teste delle persone ma possa veramente incontrare e parlare loro;
      • scelte di vita etiche: l'uso del tempo, del denaro, dei mezzi, la carità, la giustizia, la legalità, non un optional ma un dovere per il cristiano di cui riappropriarsi seppur con gradualità;
      • un linguaggio che parli ai giovani e agli adulti - investire sul protagonismo dei ragazzi dell' ACR
    2. educarsi ed educare alla responsabilità partendo dalla passione che dovrebbe animarla
    3. puntare all'autonomia economica dell'associazione: tante sono le nostre spese, tante devono essere le nostre entrate...

Maria Luisa Cassin

  1. Cassin Maria Luisa, tra pochi mesi avrò 32 anni, impiegata in uno studio di progettazione per impianti industriali e di consulenza alle aziende, parrocchia di Cristo Re di Pordenone, membro dell' equipe diocesana giovani.
  2. La prima volta che ho aderito all'A.C. è stato a dicembre del 1998 e la mia motivazione allora, non ancora tanto consapevole, era lo spirito di appartenenza o l'adesione alle finalità di un'associazione a cui avevo iniziato a frequentare da poco. Ora la consapevolezza e la convinzione di far parte dell'A.C. sono aumentate grazie al coinvolgimento sempre più forte all'associazione. La motivazione ora è l'adesione totale alle finalità che l'A.C. si è posta e alle modalità che adotta per raggiungerle.
  3. Il prossimo triennio vedo l'A.C. impegnata alla sperimentazione e all'attuazione concreta del Nuovo Progetto Formativo.

Filippo Fioretti

  1. Mi chiamo Fioretti Filippo, ho 32 anni e lavoro come odontotecnico. Provengo dalla Parrocchia di Tutti i Santi di Bagnarola. Ho terminato l'incarico di corresponsabile diocesano ACR nel marzo 2003. Dopo un breve periodo lontano dagli uffici di via Revedole ho assunto l'incarico di Responsabile Organizzativo Diocesano per il pellegrinaggio di Loreto del Settembre 2004. Concludo, con questa assemblea, il mandato di Consigliere Diocesano ACR. dal Gennaio 2005 sono responsabile della Festa Diocesana ACR.
  2. Le motivazioni che mi hanno portato ad aderire la prima volta, nascono dalla mia partecipazione alla vita parrocchiale come acierrino. Diventa maggiormente presa di coscienza, assumendo incarichi a livello parrocchiale (educatore), zonale e diocesano. Oggi aderire all'associazione diventa espressione di una partecipazione affettiva.
  3. Penso che oggi, sia tempo di guardare con maggior attenzione le associazioni di base, soprattutto quelle che hanno più difficoltà a mantenere i gruppi e a formulare i cammini formativi.

Federica del Frè

  1. Mi chiamo Federica Del Frè, ho 30 anni, vivo a San Vito al Tagliamento e dal settembre 2002 sono sposata con Pier Vito. Nell'ultimo mandato sono stata segretaria diocesana unitaria.
  2. La prima volta, a credo 15 anni, ho aderito all'Azione Cattolica perché serviva per avere l'Associazione in parrocchia (eravamo in pochi...), ora aderisco perché credo nel progetto di questa associazione, la sento importante per la mia vita e la mia crescita nella fede. Le devo molto per tutto quello che mi ha dato e insegnato.
  3. Nei prossimi anni vedo l'AC più vicina al vissuto delle persone, più presente nel territorio, più visibile e coinvolgente. La vedo impegnata fuori dalle sedi, in mezzo alla gente.

 

Marco Pio Bravo

  1. Nome: Marco Pio Bravo
    Età: 38, sposato con Stefania da 7 anni e mezzo.
    Lavoro: progetto e coordino attività formative all'EnAIP FVG; mi occupo anche del Sistema per la Gestione della Qualità
    Parrocchia: S. Maria Maggiore di Cordenons
    Ruolo associativo in Parrocchia: prima animatore del Gruppo Educatori, poi del gruppo Fascia Giovani
    Ruolo associativo in Diocesi: responsabile dell'Ufficio Formazione e incaricato per la costituzione del MIEAC in Diocesi
  2. Ho aderito all'AC per la prima volta all'AC nel 1979 con le motivazioni di un ragazzo al quale il suo gruppo ACR piaceva parecchio. Oggi rinnovo la mia adesione con convinzione, perchè credo che essere laico di AC sia il modo di vivere la Chiesa al quale il Signore mi ha chiamato.
  3. Le sfide del Nuovo Progetto Formativo. L'AC a livello nazionale si è data un nuovo Progetto, che contiene elementi preziosi sia di continuità che di novità rispetto al passato e ci provoca a rinnovare in modo esigente la nostra identità. Sono profondamente convinto che dobbiamo raccogliere con entusiasmo le sfide che questo il Progetto ci lancia, se vogliamo essere fedeli alla nostra identità ed alla missione alla quale siamo chiamati.
    Provo ad individuare quelle che secondo me sono le più significative per la nostra realtà diocesana.
    1. La sfida del gruppo: un gruppo ad ogni aderente. Nel Nuovo Progetto l'AC ribadisce la centralità del Gruppo per la crescita di fede di ogni aderente in ogni età ed in ogni condizione di vita e situazione personale. Occorre raccogliere ancora questa sfida ed organizzarsi per permettere ad ogni aderente di poter far parte di un gruppo che risponda alle sue esigenze ed ai suoi tempi di vita con itinerari di fede significativi, che siano centrati sull'esperienza reale delle persone e sul confronto di questa con la Parola di Dio.
    2. La sfida del servizio. Con il nuovo Progetto, l'AC sceglie il servizio come risposta profetica alle esigenze di disagio o di bisogno che il mondo esprime. È un servizio che ha i tratti sia della risposta individuale che di quella di gruppo e di associazione. Sulle strade del servizio incontriamo gli uomini e le donne del nostro tempo, i loro bisogni e le loro risorse. Far diventare l'AC diocesana e le AC parrocchiali luoghi di servizio profondo all'uomo, le porterà a trovare in questo incontro il volto del Signore Gesù.
    3. La sfida di scelte di vita quotidiane e profetiche. La società nella quale viviamo propone modelli e stili di vita anche molto distanti da uno stile autenticamente evangelico. Se vogliamo incarnare il Vangelo in questo tempo per vivere una fede autentica, siamo chiamati a far crescere la capacità di operare scelte che talvolta possono anche essere controcorrente e profetiche. Come Azione Cattolica siamo chiamati a sostenere e proporre con decisione queste scelte, a partire da noi stessi e dal nostro coinvolgimento personale, se non vogliamo rischiare di vivere una vita di fede sterile e non significativa. L'accoglienza della vita dalla nascita alla morte naturale, la costruzione della pace con la nonviolenza, la scelta di uno stile di vita sobrio e solidale, la costruzione di un'economia solidale attraverso gli strumenti del commercio equo e della finanza etica sono sfide che non possiamo non affrontare.
    4. La sfida della formazione dei formatori. Dalla qualità umana e cristiana dei nostri educatori e dei nostri animatori dipende spesso la qualità dell'esperienza dei gruppi che vengono loro affidati. Qualificare sempre più la loro umanità e le loro competenze formative resta una chiave di volta per aumentare sempre più la qualità della vita di fede e di servizio dei nostri gruppi e la qualità umana delle persone che li compongono.